Una delle doti che definiscono il romanzo ben riuscito, è la curiosità che lascia nel lettore, quando abbia chiuso l’ultima pagina, di sapere come proseguiranno le vite dei personaggi messi in campo dall’autore. Quelli narrati da Useppe restano vividi nell’immaginario, tanto sono reali e coinvolgenti. Le preghiere luminose si legge tutto d’un fiato, è uno di quei romanzi che avviluppano suadenti e costringono a bramare sia la pagina successiva che gli affreschi che muovono in questo ambito, tra miseria e patriottismo di facciata, Leonilla e i concittadini di Rocca Devota nel drammatico periodo dell’ultimo anno della 2° Guerra Mondiale.
Hai ambientato il tuo romanzo a Rocca Devota, un paese che penso sia immaginario, per raccontare le vicende di Leonilla e della sua singolare peculiarità. Un luogo dove oltre alla presenza delle tronfie milizie fasciste, si sente l’angosciosa presenza delle truppe naziste, proprio nel periodo più straziante della guerra, nella nostra Nazione. In quale territorio il lettore può collocare Rocca Devota?
Rocca Devota è un luogo di fantasia, benché ispirato ad alcune zone dell’appenino tosco emiliano, da me visitate alcuni anni fa, penso ad esempio a paesi come Fivizzano, sconvolti dall’occupazione nazifascista della Seconda Grande Guerra.
Codardi, spioni e boriosi… Ce n’è per tutti i gusti. I personaggi che schiettamente metti in scena affossano il falso mito degli “italiani brava gente”. L’indulgenza con cui troppi guardano al ventennio della dittatura fascista deriva anche dal fatto che non abbiamo mai fatto i conti col passato, secondo te?
La rinascita economica italiana degli anni cinquanta non aveva tempo da dedicare al passato, purtroppo è una cosa comune a molte democrazie nate dalla fine di una dittatura. Ad ogni modo non è mai troppo tardi per condannare gli omicidi commessi dal Regime: dare un volto e un nome agli esecutori materiali delle stragi è sempre importante, il problema è che a indicargli le vittime spesso ci pensavano altri, gli spioni, persone che non hanno mai pagato per i propri crimini. Sono loro che le hanno mandate a morire, perciò sono responsabili in egual misura! È su questi individui subdoli che voglio indurre il lettore a riflettere. Non a caso ho chiesto all’editore di introdurre nel mio libro la citazione di Mario Draghi, tratta dal suo ultimo discorso a proposito del venticinque aprile: Non tutti fummo brava gente…L’ho trovata una sintesi davvero efficace, in linea con quello che ho cercato di dire nel libro.
“Dice mia nonna”… questo intercalare, quasi una cantilena, parla al lettore in forma colloquiale, intima, in prima persona. Hai adottato questa soluzione per creare empatia? Se è così, l’operazione è davvero riuscita, a mio avviso!
L’uso di un intercalare mi è stato suggerito dal mio romanzo preferito, Sostiene Pereira di Tabucchi, un vero capolavoro. Mi piace molto l’idea che sia una ripetizione a tenere il filo degli eventi, anche se alcuni miei conoscenti l’hanno trovato noioso: Ah! Ah!
Hai preso spunto da persone vere o da storie a te riportate, per dare corpo ai personaggi che popolano il tuo romanzo ? E come nascono i character? Per esempio, Ninetta è favolosa nel suo modo sgrammaticato di interloquire, una deliziosa invenzione che col suo ingenuo pragmatismo ha la capacità di entrare nel cuore.
Il romanzo è totalmente frutto della mia immaginazione, ciò nondimeno molti episodi, aneddoti o perfino intere frasi sono tratti da vite vere. Avevo tutto immagazzinato in testa e al momento giusto l’ho distribuito tra i personaggi. Il gioco preferito di Ninetta ad esempio, sputare al di sopra della propria testa e scappare prima che lo sputo possa ricaderle addosso, era il passatempo preferito di una bimba alla quale, tanti anni fa, mia sorella aveva fatto da babysitter. Un racconto stupido che però mi aveva fatto morire dal ridere.
Come hai svolto il lavoro di ricerca e documentazione e quanto tempo ti è occorso per sviluppare la trama?
I giornali d’epoca sono a mio avviso uno dei metodi migliori per contestualizzare la trama di un libro all’interno di un periodo storico. Ho letto diversi articoli a proposito, soprattutto di cronaca. È come avere una finestra sul passato. In totale ho impiegato circa quattro anni a cercare di far incontrare storia e finzione.

Hai caratterizzato Leonilla con la macchia bianca intorno a un occhio e mi è sembrata un’idea geniale, perché l’hai resa una bambina speciale già di per sé. Motivo di canzonatura da parte dei suoi coetanei… oggi lo definiremmo bullismo.
Leonilla è una ragazzina speciale, con questo termine oggi ci si può riferire a persone affette da qualche tipo di disabilità così come a qualcuno con delle capacità straordinarie, fuori dalla norma. Lei incarna entrambe le cose.
Il potere taumaturgico della religione, della fede, condensato nella fiammella delle candele votive. Una delle poche cose che tengono in piedi i popoli nei periodi bui, di crisi e di violenza come lo sono quelli disperanti derivati dalle guerre, è proprio la devozione nella religione, la credulità nei confronti del divino, la speranza nel miracolo. Tra i tuoi personaggi, non tutti ne sono avvinti. Penso, ad esempio, alla disincantata figura di don Luigi… quanto ti ha intrigato abbracciare la questione della religione, nello sviluppo della tua storia?
Direi che è il nodo cruciale del romanzo, oltre ad essere un tema col quale mi sono trovato a riflettere sin da piccolo, soprattutto a scuola, durante le preghiere che anticipavano la lezione. Preghiamo davvero per gli altri con la stessa intensità che mettiamo per noi stessi? Preghiamo con la stessa intensità sia quando siamo tristi che quando siamo allegri? E ancora: preghiamo mai per augurare del male a qualcuno? Leonilla scoprirà che esistono molti tipi di preghiere…
Sei nato e cresciuto in una regione meravigliosa e arcana. La Sardegna è un territorio per certi versi misterioso, accumunato da una radice forte, che si auto protegge dalle influenze esterne e, credo, stimolante per una penna felice come la tua proprio per queste ragioni. Hai nel cassetto dei soggetti, canovacci o spunti atti a imbastire dei racconti ambientati nella tua terra? Infine, esiste in Sardegna un movimento letterario, una cerchia d’ispirazione “carbonara”-passami il termine-, dove scrittori possano confrontarsi, interagire, organizzare Festival o progetti comuni?
Nel libro, benché non ambientato in Sardegna, ci sono alcuni richiami alla mia terra, come la figura di Mamma Rebecca, legata alla medicina tradizionale sarda, fortunatamente non del tutto scomparsa: un mondo davvero affascinante. La figura di Ninetta, allo stesso modo, ha dei tratti di sardità, ispirati a delle persone realmente incontrate: è sanguigna, coraggiosa e di poche parole. Tutti aspetti tipici del mondo pastorale. Ci sono diversi festival letterari in Sardegna, ai quali spero di poter partecipare presto. Da quel che ho potuto vedere finora, mi sembrano dei progetti molto validi.
Useppe è un nick name, e lasciando rispettosamente da parte ciò che vuoi che resti secretato, cosa puoi dirci di te, del tuo background, delle tue passioni e dei tuoi futuri progetti?
Il mio nickname è un omaggio al personaggio Useppe di Elsa Morante, tratto da La storia. Da bambino mi capitò di vedere il film omonimo con Claudia Cardinale e ricordo che rimasi affascinato da quella storpiatura del mio nome.
Di progetti futuri ne ho due: uno riguarda il seguito del libro, ambientato appena un anno dopo la fine della guerra, sempre con le stesse protagoniste, impegnate a reggere una trama di crimini e magia, un altro invece ha a che fare con le arti grafiche, una sorta di foto frame di figure nuragiche ma al di fuori dei soliti contesti tradizionali. Insomma, forse è più facile da vedere che da spiegare. Ah! Ah!
Per quanto riguarda la mia vita privata, non ho tantissimo da dire, oltre al fatto che vivo in Sardegna e che faccio il farmacista. Ovviamente mi piace scrivere, ma anche dipingere e disegnare non mi dispiace affatto… La cosa che preferisco a tutte le altre però è nuotare. Quello mi piace proprio tantissimo! Nuotare in mare aperto è per me la cosa più bella del mondo e in inverno, quando non lo posso fare più, allora mi capita di sognarlo.
Intervista condotta dalla redazione Unicopli