Valdo Magnani l’irregolare che fece discutere la sinistra italiana

Feb 3, 2022

Gazzetta di Reggio

Massmediologo e professore

Il 3 febbraio 1982 moriva nella sua casa di Roma Valdo Magnani, uno dei personaggi più interessanti (e controversi) del Novecento reggiano e nazionale. Per la memoria pubblica Magnani è soprattutto uno dei “Magnacucchi”, i comunisti antistalinisti che uscirono polemicamente dal Pci nel 1951 per fondare il Movimento dei Lavoratori Italiani e poi l’Unione Socialista Indipendente. Cosa già di per sé molto interessante, perché di questa iniziativa Magnani (insieme all’altro reggiano Aldo Cucchi) fu il promotore; e perché al contrario di molti suoi compagni di avventura egli fece poi ritorno nel Pci nel 1962. Una storia, quella di questo gruppo di comunisti eretici, molto più rilevante e sfumata di quanto si è a lungo sostenuto, come dimostra il loro ruolo nel non far scattare la cosiddetta “Legge Truffa” nel 1953; il loro giornale “Risorgimento socialista”, straordinariamente aperto al dibattito internazionale; la loro azione negli enti locali, soprattutto in Emilia, Piemonte e Puglia. Una impresa a lungo bollata con il marchio dell’infamia o lasciata nell’indifferenza; salvo poi, come spesso nel nostro paese, recuperarla fuori tempo massimo (il primo convegno storico sul tema si è svolto, per ironia della sorte, nei giorni della caduta del muro di Berlino). E poi ripresa solo per usarla nella polemica anticomunista.IL RECUPERO Oggi recuperare la storia di chi fu definito “traditore”, “rinnegato”, “pidocchio”, non è importante solo per riabilitare la persona, ma anche per approfondire la storia del partito, di cui da poco si è commemorato il centenario. In questa circostanza però vorrei far uscire Valdo dagli stretti confini di tale vicenda, per ricordarne alcuni altri tratti che ne fanno una figura da ricordare e ancora da studiare, non solo a livello locale.Innanzitutto la sua compagine familiare: il padre Giovanni, meccanico socialista; i due fratelli maschi (Elvo e Marte) anche loro laureati, cosa atipica per quel tempo e quel contesto; la prima cugina Nilde Iotti (e il loro rapporto, non facile, ma fecondo per entrambi). Poi i suoi trascorsi nell’Azione Cattolica del centro cittadino, a stretto contatto (e per alcuni mesi come vice) del poco più giovane Giuseppe Dossetti. E fa una certa impressione ricordare come tra 1951 e 1952 entrambe queste teste finissime lascino il loro partito di provenienza, l’uno tentando una nuova avventura destinata in partenza al fallimento; l’altro abbandonando nominalmente la politica, per giocarla in realtà su un altro piano. Ma certamente creando un vuoto nella scena reggiana, destinata a un decennio di aspra guerra fredda che ne rende faticosa la maturazione democratica. E ancora il passaggio dal mondo cattolico a quello comunista, avvenuto negli anni Trenta come per altri, ma con motivazioni più complesse (illuminate dal diario recuperato da Mario Giovana e poi andato perduto). Quindi l’esperienza sotto le armi (fin dal 1937) e poi nella Resistenza jugoslava, drammatica e insieme eroica; e il suo stesso ruolo nell’Ufficio Ricompart (di recente valorizzato da un importante iniziativa di Istituto Parri e Acs). Poi ancora il suo ritorno a Reggio nel 1946 e la sua nomina prima alla stampa e propaganda, poi alla segreteria del partito, in un contesto difficile per le violenze postbelliche, che egli riesce a sedare attraverso la parola d’ordine togliattiana del “partito nuovo”. E contemporaneamente la breve stagione come deputato dopo il 1948, con due importanti discorsi contro i monopoli e la repressione. politico di staturaDella stagione dell’Usi non mi soffermo per i motivi suddetti; ma vale la pena ricordare almeno due cose. Da un lato, in merito alla politica, la sua statura internazionale di comunista, legato alla Jugoslavia di Tito, ma attento a tutto il contesto europeo; e l’infondatezza delle accuse di spionaggio o tradimento rivoltegli dal Pci (la documentazione sapientemente raccolta prima da Stefano Bianchini e poi da Federico Tenca Montini, scagiona pienamente Valdo mostrando come siano stati gli jugoslavi a cercarlo dopo la sua clamorosa fuoriuscita dal Pci, e non viceversa). E dall’altra il peso delle relazioni personali, in particolare quelle con Krunica Sertic e Franca Schiavetti, entrambe bellissime storie d’amore nelle asprezze della guerra fredda. socialista e ritornoC’è poi la stagione nel Psi, con diversi interventi importanti in sede di partito, sia sulle tematiche europee, che contro l’alleanza con la Dc; e numerosi comizi in giro per l’Italia, ancora non studiati. Sul ritorno nel Pci nel 1962 occorre notare soprattutto l’ennesimo scontro consumatosi tra la periferia (la federazione locale ostile) e centro (più disponibile), sbrigato infine da Togliatti, che in qualche modo ripara le parole amare del 1951. Ma non abbastanza si è detto sul percorso successivo di Valdo, che pur non più candidato alle elezioni politiche, molto ancora si spende per il partito e non solo. Si pensi alle tante commemorazioni svolte in giro per la provincia, dove torna a sfoggiare quelle capacità retoriche che nel dopoguerra lo avevano reso famoso e apprezzato. Al lavoro nell’Ufficio studi economici. E soprattutto all’impegno cooperativo, condotto fino ai vertici della Federazione nazionale e poi dell’Istituto di studi cooperativi, ricordato e apprezzato più all’estero che da noi, come purtroppo succede spesso agli irregolari di talento (ma va ricordato il bel volume curato da Tito Menzani per Unicopli, su iniziativa di Istoreco).gli studiInsomma una vita breve, ma intensa e coraggiosa. A lungo rimasta in ombra o strumentalizzata per motivazioni politiche (oggi da rigettare, ma da studiare anch’esse). E quindi vanno ricordati coloro che ne hanno meritoriamente ricostruito le vicende e onorato la memoria, prima che questo diventasse facile: tra gli scomparsi ricordo Franco Boiardi, anche lui un irregolare della sinistra; Ercole Camurani, liberale colto e editore aperto; Nadia Caiti, indimenticata studiosa di storia orale; Giannetto Magnanini, già suo accusatore, ma intellettualmente abbastanza onesto da farne pubblica autocritica. E fuori da Reggio Leo Valiani, Alessandro Roveri e soprattutto Mario Giovana, antifascista e poi storico di vaglia (autore di una biografia inedita di Valdo). Tra i viventi, oltre a quelli già citati, segnalo Learco Andalò; Sergio Dalmasso; e Giuseppe Sircana. E a Reggio soprattutto Giorgio Boccolari, Mauro Del Bue e Sandro Spreafico, storici troppo spesso relegati a studiosi di parte. Ovviamente vanno poi ricordati i parenti, che a Reggio come a Roma e Berlino ne hanno tenuto viva la memoria. Mi permetto di citare qui almeno la moglie Franca, il cui volume “Una famiglia italiana” ha un valore storico ma anche umano straordinario, di rara dolcezza; il figlio Marco, insigne dirigente di Bankitalia ma anche storico economico; e la nipote Linda, che insieme al marito, ingegner Giorgio Ferrari, mi hanno sempre spronato a studiare questa figura. E anche gli amici dell’Associazione Valdo Magnani, da Franco Cefalota a Gianni Bernini; e tanti riformisti che hanno coltivato in tempi diversi il ricordo di Valdo, da Antonio Bernardi al compianto Vincenzo Bertolini. la memoriaSarebbe però importante che il ricordo di Valdo uscisse dalla ristretta cerchia dei familiari e degli addetti ai lavori, per recuperare il ruolo che merita; non solo come politico in senso nobile, per molti versi antesignano, ma anche come uomo profondo e complesso, quale ce lo restituisce il suo archivio personale, conservato presso l’Istituto Gramsci di Bologna. In questi tempi di crisi della sinistra e del paese, un segno di speranza. Valdo è stato a lungo sepolto, insieme alla moglie, nell’umile cimitero di Roncadella. Quanti reggiani lo sapevano? Da qualche anno le sue ceneri sono state portate a Roma; ma una lapide lo ricorda nel famedio dei reggiani illustri, presso il Cimitero monumentale. Ma come ha ricordato alcuni mesi fa Giuseppe Adriano Rossi, esso versa in pessime condizioni; e anche il nome di Valdo è ormai quasi illeggibile. Oggi, dunque, andiamo tutti insieme a pulire e deporre un fiore su quella targa; e per un giorno abbandoniamo la politica gridata e superficiale per riflettere in silenzio su questa lezione difficile. * storico© RIPRODUZIONE RISERVATA
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